mercoledì 1 giugno 2011

IN MEZZO,TRA QUI E LA'

"IO NON LO SO DOV' E' IL MIO POSTO.
C'E' UN PEZZO DI QUESTE MONTAGNE, POI UN BARATTOLO DI SABBIA,
LO SMOG DELLA CITTA', IL SUONO DEL FRANCESE DEL SUD, LA PIZZA A UN EURO,
IL CALDO, IL FREDDO, 
LA NOTTE SILANZIOSA E LA SERA CON I SUOI MILLE ODORI DALLE CUCINE,
IL PARCO IN CITTA', LA CUCINA UN METRO PER UN METRO, 
IL ROSSO DELLA CAMERA DA LETTO E DUE LETTINI SEPARATI CON LE COPERTE ROSA.
SE SI POTESSE FARE UN FRULLATO DI TUTTE QUESTE ISTANTANEE E BERNE UN SORSO,
ALL'OCCORRENZA."


                                                                (letto chissà dove,scritto chissà da chi...)


Sono rientrata giusto ieri a Torino da una "gitarella fuori porta".
In Puglia. A Lecce. Nello specifico, in quel di casa mia,nella provincia leccese.

Per un milione di buone (e cattive) ragioni, solitamente non ho molta nostalgia di casa.
Anzi, non ne ho per niente.
Per quanto mi senta profondamente legata alle mie radici,
in un modo che mi è difficile quantificare,definire e far trapelare,
per quanto pensi continuamente al mare d'inverno 
(che ironia della sorte,è la cosa che mi manca di più..),
ai colori caldi della mia terra, 
al profumo di pini che di questo periodo si sente nel giardino di casa mia,
al buio della notte e alle stelle che qui si vedono risplendere,
non semplicemente brillare,
per quanto sono innamorata di quel modo tutto nostro 
di vivere la vita e l'amicizia e l'amore, 
del nostro concepire la convivialità,
non sono mai riuscita ad immaginare di vivere per tutta la mia esistenza in Salento.

La mia costante inquietudine di aver bisogno di essere altrove,
di fuggire dalle troppe cose irrisolvibili della mia vita,
di sentire sulla pelle e nei miei occhi, ma soprattutto nella mia testa, 
le luci,l'energia e la velocità di una grande città, 
sono cose che fanno parte di me da quando ho memoria per ricordare.
E, impopolare o no, Torino assolve nel migliore dei modi questi miei bisogni,
aggiungendoci quel pizzico di austerità e di pioggia lieve che si sposano
alla perfezione al mio lato malinconico.
In ogni caso, tutta la mia storia familiare e di vissuto in generale
sono stati dei deterrenti che mi hanno spinto a trasferirmi il più lontano possibile.
E a tornare solo quando non ne posso fare a meno.

A volte è fortissima la necessità fisica di tornare.Di essere lì con tutta te stessa.
Nonostante il viaggio di 13 ore in treno.
E lo so che potrei prendere l'aereo,per guadagnare tempo e risparmiarmi stanchezza,
ma (paura di volare a parte) non sarebbe la stessa cosa 
che percorrere veloce tutta la costa adriatica,contando ogni fermata, 
riconoscendo ogni pezzo di realtà che ti separa dalla tua e 
che ti passa davanti con strade, case, lingue di spiaggia, fari accesi nella notte.
Posti che, anche se materialmente non ci hai mai camminato, li conosci bene.
E' una voglia forte e innegabile,quella di tornare,
nonostante arrivi lì e trovi un tempo immobile e cose che, 
per quanto il mondo vada avanti ed evolva,
sono sempre allo stesso identico modo in cui sono sempre state,
in cui le hai lasciate.E da cui sei fuggita disperata.
Tanto che alla fine, paradossalmente, diventano delle certezze di cui non puoi fare a meno.
E non ti incazzi nemmeno più, ma trovi il modo di scivolarci tu sopra e non viceversa.
Almeno quando ci riesci,ecco.
Alcune Cominci ad "amarle", anche se è il termine sbagliato, 
e ad aver voglia di metterle in una scatolina e portartele con te,
qualunque sia il posto dove deciderai di andare.Per avercele a portata di mano.Sempre.

Questa volta la nostalgia mi è venuta cominciando a scrivere la tesi: 
il Cineturismo in Puglia.E' tutto un programma.
Stai lì, nella tua stanza cittadina al terzo piano di un vecchio palazzo,
che guardi tutti questi film di Rubini, di Ozpeteck,o documentari sulla musica tradizionale,
film di Winspeare in dialetto stretto, ballerini che si lanciano in una pizzica sfrenata,
con Lecce che viene ripresa da ogni angolazione immaginabile.
Parli con la tua relatrice che, comasca doc coniugata con un salentino,
sembra essere più salentina di te che lì ci sei nata. 
E continua a raccontarti delle sue vacanze e della campanilità leccese:
"non c'è verso di convincere mio marito a cambiare destinazione.Ogni estate ci tocca lì".
E non puoi fare altro che sorridere e capire.
E mi sento un po' come quella scena di "Benvenuti al Sud" in cui A. Siani dice 
la più grande delle verità:
"Chi viene al Sud piange due volte:una quando arriva e una quando parte".
E poi senti amici che come loro a Torino non ne troverò veramente e assolutamente mai,
nemmeno a clonarli in laboratorio,
che continuano a chiamarti ogni tre giorni per dirti solo tre parole:
" Hai prenotato,Quannu scinni?Sbrigate meh" ["quando scendi?sbrigati" trad.]
E poi ci sono i nonni, che credo siano le persone che in assoluto mi mancano davvero e di più.

Ed io che tergiverso.Che "vorrei ma non posso".
Perchè ci penso e so già cosa mi aspetta. 
E cambio idea di continuo sul come, sul quando, sul perchè.
Ma poi soccombo,faccio le valigie e parto.
Lascio a Torino la mia me stessa cittadina e arrivo a Lecce con la mia me stessa che è nata li,
pronta ad affrontare gioie e dolori della mia vita di piccola provincia.
E lo scontro finisce sempre in parità.Almeno ultimamente.
Sarà l'età.Mia o degli altri,ancora non ho capito,ma non importa.

Questa volta in realtà, ho realizzato una cosa:che non lo so dov'è il mio posto.
Perchè quella che guidava per le strade del Salento,
che chiaccherava con gli amici,
che scrutava gli occhi della nonna per vedere quanto e come resisteva a questa vita,
che cercava insistentemente negli occhi del nonno un barlume di ricordo di una se stessa bambina,
che cercava di interpretare le assenze e i silenzi di un papà sempre poco comunicativo,
non era la me stessa del paesello, ma la me stessa di città.
Che indosserà anche la stessa pelle e gli stessi difetti, 
ma vede e vive le cose in maniera proprio diversa.
Ed deve fare uno sforzo,qualche volta enorme e qualche volta no, 
per riabituarsi a ritmi e realtà del sud.Per sentirsi a casa.
Per sentire che in qualche modo appartieni ancora a quelle vie, a quelle visioni, a quelle parole.
Per sentire che fai ancora parte della vita dei tuoi affetti.

E sono tornata qui a Torino ed ho ancora questa sottile sensazione sottopelle,
e mi sento come divisa a metà.
Anzi, per la precisione mi sento proprio in mezzo:
tra una città che mi fa essere come ho sempre voluto essere,
che mi regala spazio,possibilità,libertà di esprimermi,
libertà di essere incoerente se voglio, di essere avventata quando capita,
di vivere i miei 32 anni come se ne avessi 22 senza dovermi preoccupare 
continuamente delle conseguenze.
E un paese che mi fa essere come sono sempre stata, nel bene e nel male, 
che mi impone di essere sempre responsabile,per me e per chi ho vicino;
che mi impone di essere sempre attenta ad ogni virgola,ad ogni conseguenza;
che impone il buon senso in ogni caso.
Che mi ha imposto un ruolo da adulta quando ero solo una ragazzina spaurita
e mi fa sentire vecchia e in ritardo sui tempi ora,costringendomi a vivere ad una doppia velocità.
Ma allo stesso tempo mi fa assaporare alcune cose alla giusta velocità e senza stordimenti,
che ha un calore che non troverò in nessun altro luogo
e colori che non brilleranno in nessun altro modo come qui.


Un posto che mi fa essere me stessa in quel modo che è il punto di partenza  
per poter essere come ho sempre voluto essere.Ma lontano.
E' come vivere in mezzo, tra qui e là.



3 commenti:

  1. Ho sempre provato un leggero fastidio nel non riuscire a provare quel senso di appartenenza a un unico posto. Non sentirmi mai veramente mia la mia città perchè anche le mie origini sono del sud, pur essendo nata al nord, da genitori trasferitisi quando erano ancora giovanissimi. Continuamente a negare l'appartenenza a un posto piuttosto che a un altro, con imbarazzo, quasi come se nord e sud fossero persone e io facessi loro un torto a dichiarare di sentirmi più a casa in un posto piuttosto che in un altro. Ma forse sono rigurgiti adolescenziali e non è così importante saperlo, forse quello che veramente conta è conoscersi e sapere che al centro di tutto ci sei tu e che sei così perchè hai dentro di te il sud e il nord, inscindibilmente. E forse il centro è davvero il giusto equilibrio.

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  2. Il rapporto con il nostro passato e i luoghi delle nostre memorie è sempre irripetibile, così com'è il tuo. Pensa che io sono costretto, per lavoro, a vivere durante la settimana a Genova, per poi rituffarmi nella mia Ceva, un villaggio di 6000 anime in Piemonte dove ci sono la mia ragazza, i miei amici e la mia famiglia. Ed è sempre una gioia tornare, ogni santo venerdì. Vivo un rapporto pessimo con ogni città, o meglio non posso rimanerci troppo a lungo: ho bisogno di respirare, di vedere colline, campi e tralci di uva, di non incontrare semafori lungo la strada. In quanto alle persone.. ehh sì, è un luogo comune doloroso ma vero: siamo freddi! (o almeno io mi sento così).

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  3. il mio paesino conta 5.000 anime...è bello,ma contemporaneamente triste perchè sta morendo piano piano...e i miei ricordi,quelli belli,non bastano...
    Sono stata a Ceva un paio di settimane fa.l'ho ammirata dall'alto:è bellissima!sembrava uscita da un fotogramma del film "un'ottima annata"!
    tuttavia,non credo riuscirei a viverci per più di un mese..io sono un'animale di città.. :)

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